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Il volontario in missione

 

Nel Convegno missionario che si e’ tenuto il 23 novembre 2008 a Milano, nella Parrocchia Murialdo e al quale hanno partecipato circa 70 giovani provenienti dai gruppi missionari delle opere giuseppine il dottor Fabio Riccardi, della Comunità Sant’Egidio, che ha operato in Guinea Bissau, ha  presentato una riflessione sulla figura del “volontario in missione” .

Relazione Il volontario in Missione Milano, 23.11.2008 * 

Il sottotitolo di questo Convegno ci esorta a guardare all’infinito. Vorrei dire che proprio in questo momento della nostra vita è un invito molto importante ed opportuno .

* Introducendo la riflessione che stiamo per fare vorrei notare che l opportunità di questo invito nasce dal fatto che viviamo in un momento in cui per molti motivi -molti dei quali anche giustificati (crisi economica, problemi lavorativi etc.)- noi che siamo nel mondo occidentale, nel nord ricco o almeno più ricco, rischiamo di chiuderci in noi stessi e cominciare a piangerci addosso. Questo può avere una conseguenza molto pratica: chi vive in determinate aree del mondo, che vive da sempre problemi e difficoltà incredibili, finisce per essere ancora più isolato .

* Proseguo la mia riflessione con una notazione sull’identità del volontario. Innanzitutto, è uno come tutti. Anche lui ha problemi di lavoro, problemi familiari, economici etc. Ha una vita come tutti eppure sceglie di non chiudersi in se stesso o sui propri problemi seppure siano molto reali- e tiene aperto davanti a sé un orizzonte a cui non pone limiti, ovvero un infinito. Questa è la prima testimonianza che un volontario può dare .

Essere come tutti, ma allo stesso tempo cercare qualcos’altro, cercare l incontro con qualcun altro.

* Questo atteggiamento ha una base evangelica Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete: né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo ed il corpo più del vestito. (..) Chi di voi per quanto si affanni può aggiungere un ora sola alla sua vita? leggiamo nel Vangelo di Luca. Preoccuparsi troppo di sé non serve a nulla. Ecco, questa è una cosa che secondo me è molto importante: nella vita del volontario che poi è una persona comune- si cerca di mettere al centro quello che è la cosa più preziosa nella vita degli uomini. Si dà spazio anche alle preoccupazioni per l altro, per l altro che vive lontano, in condizioni diverse, spesso peggiori.

* Iniziando a fare il volontario comincia un processo di cambiamento di vita e di prospettive: l altro ed il lontano entrano nella vita di ciascuno rendendola differente. Non si annullano le preoccupazioni normali, di tutti i giorni, ma queste non sono l unico pensiero, l unica preoccupazione. Vorrei dire che chi inizia a fare il volontario scopre una nuova sorgente di pensieri e di sentimenti: gli altri .

(Lc 12,22-23.25) * In questo quadro è molto importante fare una breve riflessione sulla figura di Gesù. Gesù viaggia soltanto per la sua terra. Non va molto lontano, così come ci spiegano i vangeli. Eppure, Gesù entra e dà rilievo a mondi che i suoi contemporanei ritenevano piuttosto trascurabili .

* I bambini. Cos erano i bambini al tempo di Gesù? Se è possibile fare un parallelo la loro condizione era molto simile a quella dei bambini nei paesi poveri di oggi. Non ricevono istruzione .

Sono più indifesi davanti alle malattie e alla mancanza di cibo e di acqua potabile. Sono i soggetti più deboli anche in famiglia .

* Le donne. Sono meno istruite. Lavorano moltissimo, ma il loro ruolo è subalterno e hanno meno diritti. Ci fanno pensare alle donne nei pesi poveri di oggi: il tasso di analfabetismo femminile in alcuni paesi è tuttora doppio rispetto a quello degli uomini .

* In tutti e due i casi si tratta di persone deboli fisicamente, ma che vengono anche tenuti lontano dalla conoscenza, dalla cultura, dalle decisioni importanti così come da molti sentimenti. Che valore aveva infatti essere amici di una donna o di un bambino? Pensate al colloquio tra Gesù e la donna Samaritana al pozzo. Risultava davvero strano ed inusuale che un uomo si fermasse a parlare con una donna solo per ascoltarla e ed essere amichevole con lei. E perché Gesù descrive i bambini come l esempio per essere i discepoli perfetti? Immaginiamo lo stupore degli ascoltatori .

Deve essere sembrato loro un paradosso eppure oggi noi dopo migliaia di anni di meditazioni sul Vangelo sappiamo che quell’esempio era verissimo .

* Gesù parla a queste persone più deboli e ne spiega l importanza e la dignità a tutti superando le resistenze della tradizione, delle leggi e dell’istinto popolare .

* Fin qua abbiamo parlato di idee. Ma queste idee che sono la base del nostro operare- una volta che uno comincia a lavorare come volontario, una volta che una persona comincia ad incontrare, a spendersi per gli altri, diventano volti, storie, vicende in cui si è coinvolti personalmente. Allora cominciano a crearsi, legami, amicizie e affetti .

* C è un attesa nei confronti del volontario: un attesa concreta. Un attesa per le parole che potrà dire, ma anche per le cose che potrà fare .

Molti volontari, molte persone che sono andate a lavorare nelle comunità dei paesi in via di sviluppo sono ricordate per le cose importanti che hanno realizzato. Ma dovremmo parlare anche di amicizia, dei legami affettivi che maturano nel lavoro comune e nell’impegno verso le persone per cui o con cui si lavora .

* Questa un altra cosa su cui vorrei soffermarmi e riflettere. L amicizia. Credo che questa sia una caratteristica importante del lavoro del volontario .

Infatti, c è una differenza tra gli operatori delle organizzazioni internazionali o realtà simili ed i volontari in missione. Tutti fanno cose utili, ma la differenza più importante è proprio la testimonianza dell amicizia. Questa è la testimonianza che possono devono- esistere legami di grande valore esistenziale tra persone che vivono diversamente e hanno culture diverse .

* E fondamentale testimoniare un legame d amicizia nel nostro lavoro. Sembra banale. Ma nella mia esperienza una delle cose che sono meno comprensibili, per esempio in Africa ma credo che si possa estendere a tutti gli altri paesi e continenti- è la nostra idea di amicizia. Spesso non si capisce come una persona che per un lungo periodo di tempo ha lavorato e ha vissuto con loro possa poi scomparire di colpo. Questa non comprensione trova due conferme: la prima nella nostra mentalità; conosciamo bene la facilità con cui dimentichiamo chi ci è lontano favorendo chi invece è presente quotidianamente nella nostra vita; la seconda nel comportamento di tante organizzazioni che iniziano un progetto o un programma e poi senza spiegazioni o per motivi attinenti esclusivamente alla propria organizzazione, se ne vanno. Scompaiono. Non una lettera, un ricordo o un messaggio. Non sto discutendo la bontà o la fondatezza dei motivi per cui questo accade, sto solo provando a riflettere sugli effetti che questo ha sulle persone. Questo atteggiamento genera stupore ed incertezza in chi aveva cominciato ad avere sentimenti di amicizia verso chi era venuto. E questo conferma anche alcuni pregiudizi che si hanno nei confronti degli occidentali ed in certo senso aumenta la differenza, la difficoltà di comunicare .

* Partendo da questo, quali possono essere le caratteristiche della nostra azione? Appassionarsi e ricordare. E fondamentale appassionarsi al lavoro che si fa, così come ricordarsi una volta che ci si allontana. In sostanza, bisogna dare l idea cioè realizzare- che l amicizia può non finire mai e che può sfidare anche le distanze e le eventuali difficoltà logistiche. Considerare le persone con cui o per cui si è lavorato come amici .

* Guardate che questo nel nostro tempo è una grande rivoluzione. Non è solo il fatto che si fa qualcosa di utile, oppure di importante, ma è seminare qualcosa di necessario per l umanità: l amicizia e la comprensione tra diversi. Questi sono sentimenti duraturi che possono dare molti frutti e che resistono anche alla distanza. Sono sentimenti che avvicinano in una cultura globale che invece tende ad allontanare le persone di condizione diversa. Pensate a tutti i problemi che genera la presenza di uomini, donne e famiglie immigrati .

* Tra parentesi vorrei ora spendere una parola in favore dei missionari e dei religiosi e delle religiose: loro rimangono, nonostante le difficoltà, magari l età avanzata o altri problemi .

* Ma dicevo dell amicizia. In un tempo di globalizzazione imperante, di facilità di contatti e di accessibilità ai mezzi di comunicazione, assistiamo paradossalmente al desiderio prevalente di trovarsi solo con i propri simili. Il volontario testimonia quella che potremmo chiamare la globalizzazione dell amicizia . Cioè di un amicizia che nasce da storie personali, ma che sa superare le barriere culturali ed anche la distanza. Questa è una testimonianza profondamente evangelica perché significa stringere legami importanti, rilevanti, legami che restano, che lasciano un segno con chi è lontano, vive lontano e potrebbe facilmente essere dimenticato. E anche un modo per rispondere alla chiusura che tanti paesi mostrano con atteggiamenti ostili nei confronti di chi ha un origine diversa .

* Inoltre, questa testimonianza di amicizia si può affermare in paesi o contesti che vivono situazioni di inimicizia profonda .

* In questo tempo guardiamo con angoscia a molti paesi. Alcune situazioni su tutte: l India dove la comunità cristiana è sottoposta a gravi violenze. La Somalia che è in totale dissoluzione da ormai quasi venti anni. Si tratta di situazioni in cui l inimicizia tra le persone, le Comunità, le etnie è diventata cronica. Penso però anche a piccoli paesi che a causa della loro fragilità sono preda della criminalità comune che li usa come base intermedia per il traffico di droga come la Guinea Bissau. Oppure paesi che sembrano non riuscire a sollevarsi da una povertà diffusa e cronica come la Bolivia o afflitti da guerriglie senza fine come la Colombia e la Repubblica Democratica del Congo .

Tutti questi paesi hanno una lunga storia di presenza significativa di volontariato. La presenza di volontari in situazioni difficili, esacerbate dall inimicizia rappresenta una testimonianza preziosa, in alcuni casi indimenticabile .

* Una storia importante, che può essere d aiuto e di ispirazione alla riflessione che stiamo facendo è quella di Annalena Tonelli . Si tratta di una giovane donna di Forlì che negli anni 60 si laurea in legge, ma che decide di dedicarsi all insegnamento prima ed alla cura degli ammalati poi, in Africa. Lavora per 34 anni in Africa di cui gli ultimi sette nell ospedale di Boorama, in Somaliland, al confine con l Etiopia. Un esperienza piccola, se vogliamo trascurabile, ma da cui nasce anche qualcosa di importante a livello globale: sperimenta un nuovo metodo di cura della TBC che si afferma come lo standard internazionale e si chiama DOTS .

* E una donna, cristiana di grande fede, che decide di operare e vivere in un paese esclusivamente musulmano e si dedica alla cura dei malati, ma anche alla diffusione dell istruzione .

Muore nel 2003, uccisa da una banda di uomini forse per rapina, forse per altri motivi. Nella sua vita dà una testimonianza di amicizia e di solidarietà in un ambiente particolarmente inospitale. E ritorna sempre, non dimentica, vuole tornare anche quando nel corso degli anni è costretta ad andare via per brevi periodi. La sua opera ha avuto anche un risvolto scientifico importante: oggi in tutto il mondo la tubercolosi viene curata con la metodologia che lei aveva prima ipotizzato e poi sperimentato .

* Il volontario è uno che non dimentica. E uno che ha amici tra i suoi vicini, ma anche tra chi è lontano. Il volontario è uno che alza lo sguardo verso paesi lontani e situazioni sconosciute alla maggior parte delle persone. Questa è parte integrante della nostra vocazione. In questo senso andare lontano, cambiare abitudini, conoscere nuove culture assume un senso profondo, un senso evangelico. E la risposta ad una chiamata che il Signore fa a ciascuno. E la chiamata ad una vicinanza, ad una amicizia, ma vorrei dire ad una fraternità che non conosce differenze .

* Un ultima parola sulla soddisfazione e sulla cultura. Cultura è conoscere. Conoscere uomini e situazioni concrete. Capire culture e capire lingue nuove. Provare e condividere nuove abitudini .

Inoltre, questo modo di vivere ci dà una grande contentezza. Non è solo questione di sentirsi utili: qualcosa di più. Si percepisce che si ha la vita piena. Quelle persone lontane, in America, Africa o altrove hanno riempito la nostra vita .

* La chiamata ad aiutare volontariamente gli altri è la base della nostra vita. E questo vuol dire molte cose concrete, anche banali come per esempio mostrare amicizia e comprensione per tutti. Il fatto di essere in mezzo a persone e situazioni nuove ci porta un po a cambiare attitudini, vorrei dire a cambiare carattere .

Da Vita Giuseppina Febbraio 2009

RUBRICHE: "Vita Missionaria" - Il volontario in missione

 Viviamo in un momento in cui per molti motivi noi che siamo nel mondo occidentale, nel nord ricco o almeno più ricco, rischiamo di chiuderci in noi stessi e cominciare a piangerci addosso. Questo può avere una conseguenza molto pratica: chi vive in determinate aree del mondo e vive da sempre problemi e difficoltà incredibili, finisce per essere ancora più isolato.

Il volontario, innanzitutto, è uno come tutti. Anche lui ha problemi di lavoro, problemi familiari, economici etc. Ha una vita come tutti, eppure sceglie di non chiudersi in se stesso o nei propri problemi e tiene aperto davanti a sé un orizzonte a cui non pone limiti, ovvero un infinito. Questa è la prima testimonianza che un volontario può dare: essere come tutti, ma allo stesso tempo cercare qualcosa d’altro, cercare l’ incontro con qualcun altro.

Questo atteggiamento ha una base evangelica. “Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete: né per il vostro corpo, come lovestirete. La vita vale più del cibo ed il corpo più del vestito. (...) Chi di voi per quanto si affanni può un’ aggiungere un ora sola alla sua vita?” leggiamo nel Vangelo di Luca.

Preoccuparsi troppo di sé non serve a nulla.

Questa è una cosa molto importante nella vita del volontario, che poi è una persona comune: si cerca di mettere al centro cio’ che e’ più prezioso nella vita degli uomini; si dà spazio anche alle preoccupazioni per l’altro che vive lontano, in condizioni diverse, spesso peggiori.

Iniziando a fare il volontario comincia un processo di cambiamento di vita e di prospettive: l’ altro ed il lontano entrano nella tua vita e la rendono differente. Non si annullano le preoccupazioni normali di tutti i giorni, ma queste non sono piu’ l’ unico pensiero o l’ unica preoccupazione. Vorrei dire che chi inizia a fare il volontario scopre una nuova sorgente di pensieri e di sentimenti: gli altri.

C’è un attesa nei confronti del volontario: un’ attesa concreta per le parole che potrà dire, ma anche per le cose che potrà fare.

Molti volontari, molte persone che sono andate a lavorare nelle comunità dei paesi in via di sviluppo sono ricordate per le cose importanti che hanno realizzato. Ma dobbiamo parlare anche di amicizia, di legami affettivi che maturano nel lavoro comune e nell’ impegno verso le persone per cui o con cui si lavora.

Questa un’ altra cosa su cui vorrei soffermarmi e riflettere: l’ amicizia.

Credo che questa sia una caratteristica importante del lavoro del volontario.

Infatti, c’ è una differenza tra gli operatori delle organizzazioni internazionali o realtà simili ed i volontari in missione. Tutti fanno cose utili, ma la differenza più importante è proprio la testimonianza dell’amicizia: la testimonianza che possono esistere legami di grande valore esistenziale tra persone che vivono diversamente e hanno culture diverse.

E’ fondamentale testimoniare un legame di amicizia nel nostro lavoro.

Sembra banale, ma nella mia esperienza una delle cose che sono meno comprensibili - per esempio in Africa ma credo che si possa estendere a tutti gli altri paesi e continenti - è la nostra idea di amicizia.

Spesso non si capisce come una persona che per un lungo periodo di tempo ha lavorato e ha vissuto con loro possa poi scomparire di colpo.

Questa non comprensione trova due conferme: la prima nella nostra mentalità; conosciamo bene la facilità con cui dimentichiamo chi ci è lontano favorendo chi invece è presente quotidianamente nella nostra vita; la seconda nel comportamento di tante organizzazioni che iniziano un progetto o un programma e poi senza spiegazioni o per motivi attinenti esclusivamente alla propria organizzazione, se ne vanno. Scompaiono. Non una lettera, un ricordo o un messaggio.

Questo atteggiamento genera stupore ed incertezza in chi aveva cominciato ad avere sentimenti di amicizia verso chi era venuto. E questo conferma anche alcuni pregiudizi che si hanno nei confronti degli occidentali ed in certo senso aumenta la differenza, la difficoltà di comunicare.

Partendo da questo, quali possono essere le caratteristiche della nostra azione?

Appassionarsi e ricordare.

E’ fondamentale appassionarsi al lavoro che si fa, così come ricordarsi una volta che ci si allontana. In sostanza, bisogna dare l’ idea che l’ amicizia può non finire mai e che può sfidare anche le distanze e le eventuali difficoltà logistiche. Considerare le persone con cui o per cui si è lavorato come amici.

Questo nel nostro tempo è una grande rivoluzione. Non è solo il fatto che si fa qualcosa di utile, oppure di importante, ma è seminare qualcosa di necessario per l’umanità: l’amicizia e la comprensione tra diversi. Questi sono sentimenti duraturi che possono dare molti frutti e che resistono anche alla distanza. Sono sentimenti che avvicinano, in una cultura globale che invece tende ad allontanare le persone di condizione diversa.

In un tempo di globalizzazione imperante, di facilità di contatti e di accessibilità ai mezzi di comunicazione, assistiamo paradossalmente al desiderio prevalente di trovarsi solo con i propri simili.

Il volontario testimonia quella che potremmo chiamare la globalizzazione dell’amicizia. Cioè di un’amicizia che nasce da storie personali, ma che sa superare le barriere culturali ed anche la distanza.

Questa è una testimonianza profondamente evangelica perché significa stringere legami importanti, rilevanti, legami che restano, che lasciano un segno con chi è lontano, vive lontano e potrebbe facilmente essere dimenticato. E’ anche un modo per rispondere alla chiusura che tanti paesi mostrano con atteggiamenti ostili nei confronti di chi ha un’ origine diversa.

Inoltre, questa testimonianza di amicizia si può affermare in paesi o contesti che vivono situazioni di inimicizia profonda.

In questo tempo guardiamo con angoscia a molti paesi.

Alcune situazioni su tutte: l’India, dove la comunità cristiana è sottoposta a gravi violenze; la Somalia che è in totale dissoluzione da ormai quasi venti anni. Si tratta di situazioni in cui l’inimicizia tra le persone, le comunità, le etnie è diventata cronica.

Penso però anche a piccoli paesi che a causa della loro fragilità sono preda della criminalità comune che li usa come base intermedia per il traffico di droga, come la Guinea Bissau. Oppure paesi che sembrano non riuscire a sollevarsi da una povertà diffusa e cronica come la Bolivia o sono afflitti da guerriglie senza fine come la Colombia e la Repubblica Democratica del Congo.

Tutti questi paesi hanno una lunga storia di presenza significativa di volontariato.

La presenza di volontari in situazioni difficili, esacerbate dall’inimicizia rappresenta una testimonianza preziosa, in alcuni casi indimenticabile.

Il volontario poi è uno che non dimentica.

E’ uno che ha amici tra i suoi vicini, ma anche tra chi è lontano. Il volontario è uno che alza lo sguardo verso paesi lontani e situazioni sconosciute alla maggior parte delle persone.

Questo è parte integrante della nostra vocazione. In questo senso andare lontano, cambiare abitudini, conoscere nuove culture assume un senso profondo, un senso evangelico: è la risposta ad una chiamata che il Signore fa a ciascuno; è la chiamata ad una vicinanza, ad una amicizia, ma vorrei dire ad una fraternità che non conosce differenze.

Un ultima parola sulla soddisfazione e sulla cultura.

Cultura è conoscere. Conoscere uomini e situazioni concrete. Capire culture e capire lingue nuove. Provare e condividere nuove abitudini.

Questo modo di vivere ci dà una grande contentezza. Non è solo questione di sentirsi utili: qualcosa di più. Si percepisce che si ha la vita piena. Quelle persone lontane, in America, Africa o altrove hanno riempito la nostra vita.

La chiamata ad aiutare volontariamente gli altri è la base della nostra vita.

Fabio Riccardi

 
 
 
 

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