Presso il pozzo: un Dio capace di
relazione (Gv 4,1-42)
Continuando
queste riflessioni bibliche che mi sono state richieste per il Forum
Pastorale: La Famiglia del Murialdo al servizio degli ultimi, proseguo nella
metodologia che ho indicato, volendo esplorare un’altra pericope in cui continui
ad emergere l’attenzione di Dio verso gli ultimi. La mia scelta è caduta un’altra
volta su un passo del Vangelo di Giovanni: Gv 4,1-42. Per motivi di
sinteticità, non propongo il testo tradotto di tutta la pericope, ma richiamerò
solo alcuni passaggi (vv. 5-19a).
5[Gesù] Giunse pertanto ad una città della Samaria
chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo
figlio:6 qui c' era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del
viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7 Arrivò intanto una
donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da
bere".8 I suoi discepoli infatti erano andati in città a far
provvista di cibi.9 Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei
Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei
infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10 Gesù le rispose:
"Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da
bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua
viva".11 Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo
per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest' acqua viva?12 Sei tu forse più grande
del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi
figli e il suo gregge?".13 Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest' acqua avrà
di nuovo sete;14 ma chi beve dell' acqua che io gli darò, non avrà mai
più sete, anzi, l' acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che
zampilla per la vita eterna".15 "Signore, gli disse la donna, dammi di quest'
acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere
acqua".16 Le disse: "Và a chiamare tuo marito e poi ritorna
qui".17 Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse
Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18 infatti hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il
vero".19 Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un
profeta.
Questo brano è
presente solamente in Giovanni (Sondergut)
e non ha perciò paralleli nei tre Vangeli sinottici. Non tratterò, nella
riflessione, di tutti gli elementi presenti (ve ne sono tantissimi); non
desidero neppure cadere nel rischio di una lettura eccessivamente simbolica o
addirittura allegorizzante, rischio in cui si può incorrere frequentemente nel
commento del quarto Vangelo; considerata la ricchezza e l’ampiezza del passo
scelto, intendo, in realtà, sottolineare soltanto alcuni aspetti e versetti
della pericope, tralasciandone molti per non dilungarmi troppo rispetto agli
scopi della proposta.
Il brano ci
presenta una situazione particolare: Gesù giunge in Samaria, a Sicar, e sosta
presso il pozzo di Giacobbe. Fin qui, nulla di strano. Ma ecco che compare una
figura che i lettori (in base alla cultura e mentalità semitica dell’epoca) non
si sarebbero aspettati: una donna.
Ella viene descritta come colei che va a
prendere acqua. Nella tradizione di allora non si andava a mezzogiorno a
prendere acqua - solitamente ci si
recava alla sera, anche se vi era qualche eccezione - e, in aggiunta, non si
andava mai da sola, ma sempre insieme ad altre, in fila, per evidenti motivi.
La samaritana è sola e a mezzogiorno: ecco il dato strano.
Ad aggiungere pepe al racconto, vi è anche il
fatto che i lettori del Vangelo (che siamo anche noi oggi) avevano una buona
conoscenza della Bibbia e, sentendo questi elementi, viene immediatamente in
mente a loro alcuni brani dell’Antico Testamento, in cui vi sono notevoli
somiglianze (es. Gen 24; Gen 29,1-14; Es 2,15-22; poi anche 1 Sam 9 e Rut 2).
In questi passi – che hanno in comune con il
nostro brano gli elementi iniziali – vi è una struttura simile: un uomo in
viaggio arriva in terra straniera e siede presso un pozzo; giunge una giovane
donna ad attingere al pozzo, l’uomo assetato le chiede acqua da bere o abbevera
gli animali; la giovane donna corre e casa e racconta dell’incontro, l’uomo è
accolto ed invitato a casa e lo schema si conclude con il matrimonio. E’
insomma una scena “tipica”.
Orbene, notiamo come l’inizio e parte dello
svolgimento del brano del Vangelo di Giovanni sia simile, quasi che il lettore
si aspetta già un epilogo dello stesso tipo, ma non si verifica la parte
conclusiva della trama attesa: non vi è alcun matrimonio. Però questo sfondo
certo influisce ed aggiunge “pressione” alla situazione.
Quindi se la nostra (la definisco tale, sia per
il sentimento di simpatia che gradualmente l’autore del quarto Vangelo ci
instilla nella narrazione, sia perché la sua situazione potrebbe essere molto
simile alla mia, alla nostra…) Samaritana sceglie di andare al pozzo proprio a
mezzogiorno e senza compagnia, è evidente che dei motivi ci saranno pur stati.
Tra i tanti possibili, uno dei più probabili è che ella non desideri incontrare
nessuno e, vista l’ora e la probabile canicola, tale “desiderio” aveva ottime
chances di successo.
Anche perché – verremo a saperlo dopo nel
racconto – tale donna aveva già avuto ben cinque mariti, ed ora conviveva con
un altro. Insomma una donna che in base ai criteri religiosi, non era proprio
“in regola”.
Tenendo bene a mente tutto ciò – e Gesù lo
sapeva chiaramente, dato che in seguito, nel testo (vv. 16-18), veniamo a
sapere alcune di queste informazioni proprio dalle parole del maestro, che si
dimostra un profeta onnisciente (v. 19) -, notiamo come Gesù, probabilmente
assetato, si rivolge alla donna. E’ lui che prende l’iniziativa ed interagisce
con lei. Ora questo aggiunge una ulteriore sorpresa sconvolgente, giacché era
assolutamente inusuale – e pure inopportuno e disdicevole – che un rabbì – un
maestro – rivolgesse la parola ad una donna, in privato, in tale situazione a
dir poco imbarazzante (sono un uomo ed una donna soli…).
In aggiunta, come se non bastasse,
l’evangelista stesso sottolinea, oltre a tali elementi di difficoltà, pure il
fatto che essi appartengono a due popoli che si disistimano a vicenda, anche e soprattutto
dal punto di vista religioso!
Le complicazioni vengono quindi descritte nel
rapporto uomo-donna, visto anche lo sfondo del pozzo (collegato spesso al
matrimonio), ma anche a livello di nazionalità, di razza e di religione.
All’inizio infatti il Narratore mette fortemente in evidenza che “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che
sono una donnaSamaritana?” (Gv 4,9).
Possiamo vedere che Gesù non si cura di questa
situazione assai densa di precomprensioni – e pure di pregiudizi –, ma va oltre
e si rivolge alla samaritana. In tal modo Gesù ci comunica la centralità della
persona. In effetti, scopriremo poi dalla sviluppo del dialogo che il Signore
si rivolge alla Samaritana principalmente non tanto per il suo bisogno fisico
di dissetarsi, quanto soprattutto per suscitare in lei il bisogno di trovare
l’acqua viva, quell’«acqua» che sola può dare un senso vero e pieno alla vita.
Il Maestro dunque supera ogni possibile limite
e barriera legati alla situazione, alla cultura, alla nazionalità, alla razza e
alla religione, perché desidera ardentemente entrare in relazione con questa
donna. Ci manifesta l’immagine (e la realtà!) di un Dio non solamente capace di
incontrare la persona, ma anche che desidera questo incontro e che è in grado e
brama di donare ad ella (in questa pericope ella è la Samaritana, ma se
consideriamo che il brano è paradigmatico, tale persona oggi sono io…, nella mia
concretezza, nella mia situazione e, dato che attingere l’acqua per bere era
una necessità di ogni giorno, nella mia quotidianità…) una vita rinnovata.
E’ questa la posta in gioco, non certo un po’
d’acqua…
Ciò è confermato, narrativamente, anche dal fatto
che non si parla, nel testo, del fatto che Gesù abbia bevuto: non lo sappiamo.
E’ possibile desumerlo logicamente, ma se il narratore sceglie di non dirlo, è
chiaro che è un segnale. L’evangelista vuole focalizzare la nostra attenzione
non tanto su tale richiesta o sull’azione ad essa collegata, quanto piuttosto
sul dialogo… E’ esso il focus di
interesse. Viene pertanto ulteriormente sottolineato, anche dall’aspetto
squisitamente narrativo, che Gesù è quel Dio che sa entrare in gioco, che
abbatte le barriere e sa superare le convenzioni per cercare il dialogo e la
comunicazione, un Dio capace e desideroso di relazione.
In ciò Gesù, di cui vogliamo essere seguaci, ci
è d’esempio.
Egli inoltre ci manifesta, ancora una volta,
l’attenzione a chi è nel bisogno (magari pur senza saperlo o senza rendersene
conto), e la prossimità a questa donna è segno della vicinanza di Dio agli
ultimi, a chi ha sbagliato e a chi è considerato “irregolare”. Ci indica
inoltre l’importanza di saper porre la domanda e saper suscitare il desiderio,
di continuare, pur se stanchi (perché, come Gesù, possiamo essere affaticati
dal viaggio o assetati e disidratati), ad offrire l’acqua viva che possiamo
aver scoperto e trovato.
Ciò senza dimenticarci che molto più spesso noi
siamo la Samaritana che ha bisogno di riscoprire il desiderio di cercare e di
ritrovare l’acqua viva…
Non accenno nulla riguardo a tanti altri
aspetti presenti nel testo (ad esempio l’inversione dei ruoli: Gesù è colui che
all’inizio chiede da bere e poi è colui che offre acqua viva, mentre la donna è
colei che al principio ha la brocca per attingere e dare l’acqua e alla fine è
colei che chiede al maestro quell’acqua che solo Lui può dare…; oppure alla
tematica del nuovo culto, dello Spirito e verità, della testimonianza, del
cibo, delle messi, etc…), tutti importanti e carichi e densi di significati:
non è questo il luogo.
Sottolineo solo un’ultima cosa: incontriamo in
questo testo, nei confronti dell'umanità peccatrice, un particolare tipo di
Messia. Gesù non ha detto niente sullo stato di peccato di questa donna: non vi
è un suo commento. E’ un Messia che non condanna, che non punta il dito
accusatore, né che rimprovera o stigmatizza: anche per questo il dialogo
continua e la relazione non si interrompe.
E’ un Dio che sa entrare nell’interiorità delle
persone, soprattutto degli ultimi, e che sa parlare al loro cuore, suscitando
il desiderio di conversione, senza condannare: un Dio davvero capace di
relazione.