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Gesù risorto: la speranza di ogni persona (Lc 24,1-12)

 

Continuando queste riflessioni bibliche che mi sono state richieste per il Forum Pastorale: La Famiglia del Murialdo al servizio degli ultimi, dal momento che stiamo vivendo il periodo della quaresima e ci stiamo avvicinando a grandi falcate alla festa di Pasqua, cuore e centro della fede, intendo esplorare una pericope evangelica che parli di questo avvenimento ed in cui emerga al contempo l’attenzione di Dio verso gli ultimi. La mia scelta, sempre determinata dall’entusiasmo e della passione personale, è caduta su un altro passo del Vangelo di Luca: Lc 24,1-12.

 

1 Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato.  2 Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro;  3 ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.  4 Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti.  5 Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?  6 Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea,  7 dicendo che bisognava che il Figlio dell' uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno".  8 Ed esse si ricordarono delle sue parole.  9 E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.  10 Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli.  11 Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.  12 Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l' accaduto.

 

Questo un brano ha un’importanza notevole nel Vangelo secondo Luca: esso infatti testimonia la risurrezione di Gesù ed è l’inizio del capitolo che conclude il terzo Vangelo, ma che, al tempo stesso, contiene elementi che aprono alla continuazione della narrazione della storia della salvezza, che troveremo nel libro degli Atti degli Apostoli. In effetti il capitolo 24 del Vangelo di Luca è raffrontabile, quanto a programmaticità dell’opera lucana, ai primi due capitoli del Vangelo stesso (anche se non giustificherò, né motiverò questa affermazione in questo scritto).

Grammaticalmente (a motivo delle particelle/congiunzioni coordinate me.n e de.), la pericope inizierebbe già in Lc 23,56b, ma ciò non è influente ai fini della presente riflessione.

Intendo sottolineare soltanto alcuni aspetti e versetti della pericope, tralasciandone molti per non dilungarmi troppo rispetto agli scopi della proposta. Pertanto procedendo nell’analisi, non considererò i diversi momenti dello svolgersi del racconto, ma svilupperò solo alcune considerazioni.

E’ possibile porre l’attenzione, fin da subito, sulla sollecitudine delle donne. Esse già in precedenza (Lc 23,56) avevano preparato i profumi e gli unguenti da applicare alla salma, ma non avevano unto il corpo di Gesù (il testo sembra suggerire che non avevano potuto a motivo del sabato, ma ciò esegeticamente e storicamente può creare alcuni problemi e contraddizioni). Ecco ora che esse vanno alla tomba “di buon mattino”, rivelando sia il desiderio di compiere questo gesto pietoso e amorevole, che l’affetto che provavano e provano ancora per Gesù, benché ormai morto.

Tale fatto, ossia il recarsi delle donne al sepolcro, ci rivela ulteriormente che ogni speranza è oramai scomparsa: avevano seguito quest’uomo, Gesù, avvinte dalla sua persona, dal suo messaggio e dal suo agire, dalla Galilea fino a Gerusalemme; avevano posto in lui molte loro speranze; in questo momento, pur mantenendo forse intatto il loro amore verso di lui, tuttavia la loro speranza è affievolita: vanno infatti a “salutare” e a rendere gli ultimi onori al cadavere.

Scoprono, giunte sul luogo, la tomba vuota. La reazione delle donne non è però, a questo punto, di fede, bensì di incertezza, di perplessità. Solo dopo aver udito la rivelazione dei “due uomini” ed essersi ricordate delle parole di Gesù, esse credono. L’annuncio dei due uomini ha il sapore un po’ del rimprovero ed un po’ del proverbio: in fin dei conti le donne avrebbero dovuto già capire!!

Eppure esse si son recate alla tomba per un defunto, senza altra speranza (è un po’ la dinamica che provano due discepoli incamminati verso Emmaus, guarda caso l’episodio seguente a questo brano…). Le parole degli uomini che appaiono loro, divengono illuminanti. Non soltanto a livello semantico (più che un rimprovero o un proverbio, esse contengono un annuncio straordinario, il Vangelo stesso: “è risuscitato”), bensì anche a livello di dinamica: esse hanno infatti il potere di far risorgere la speranza in queste persone.

Inoltre tali parole diventano ulteriormente illuminanti, anche per il fatto che i due uomini sono apparsi “in vesti sfolgoranti” (v. 4). Ora tale aggettivo è collegato con il sostantivo folgore e fa quindi pensare al cielo, quasi ad uno sguardo rivolto in alto (la rinascita della speranza mediante la fede consiste anche in questo: pur se tutto mi fa piombare – e il verbo italiano è già indicativo di un certo movimento – in basso, nella disperazione, la fede può darmi la forza di alzare gli occhi). Come contrasta con ciò lo sguardo delle donne, che hanno “chinato il volto a terra”, verso il luogo cioè della tomba, della morte…

Tale contrasto è poi accentuato anche dal fatto che esse cercano un defunto, mentre gli uomini parlano del Vivente!

E’ evidente che in tutto questo brano (compreso il v. 12, ove si parla anche delle bende), l’evangelista non è tanto interessato alla tomba vuota (questi casomai è Marco), quanto soprattutto al cuore di questa rivelazione: Gesù è stato risuscitato da Dio.

Il fatto poi che Luca anteponga a tale messaggio (al pari di Matteo e diversamente da Marco che lo pospone), la frase “Non è qui”, indica una presenza nuova, non più limitata corporalmente, bensì viva e operante. Come a dire che il Signore è risorto ed ora è presente, che ha oltrepassato la morte ed ogni altra barriera, che ha sconfitto l’incredulità e che ha vinto la disperazione, ridonando la speranza: se egli non è qui, è risorto; e se egli ha vinto il limite estremo, la fine di tutto, rappresentata dalla morte, quale altra speranza non può essere creduta?

Perciò i due uomini, indicando che il Signore non è più lì, invitano a ricordare (è singolare che i sostantivi con cui l’autore del terzo Vangelo designa la tomba, mnh/ma, v. 1, e mnhmei/on, v. 2, hanno la stessa radice del verbo “ricordare” mimnh,|skomai) ciò che Egli disse, come a sottolineare che la sua presenza era ed è nella Sua Parola.

Ecco quindi che le parole dei due uomini hanno anche un altro significato illuminante: esse fanno risorgere la memoria (v. 6b “Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea” e v. 8 “Ed esse si ricordarono delle sue parole”).

Infatti le donne (a differenza forse nostra, che alle volte giungiamo a porre dei dubbi alla fede o alla speranza), ricordando, fanno rinascere quelle speranza interiore forse mai del tutto spenta (almeno - così credo - coltivata anche in modo assurdo o paradossale, per l’amore verso quell’Uomo; così forse è l’esperienza di tanti di noi quando perdiamo una persona particolarmente cara: il nostro cuore non può rassegnarsi, anche se tutto intorno ci dice il contrario; e solo la risurrezione ci può ridare senso e speranza pieni) e giungono a credere. Credono certamente, giacché “tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri” (v. 9); è difficile infatti che annuncino tutto questo, se non credono…

Ma, riguardo agli altri, “Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse” (v. 11). Essi crederanno successivamente, ma non tanto in base alla testimonianza di altri (lo dimostra l’episodio di Emmaus), e neppure in virtù del vedere la tomba vuota e le bende (vedi Pietro al v. 12), quanto in base ad una esperienza viva e dell’incontro diretto con il Risorto (attraverso le apparizioni oppure grazie alla Sua presenza nella Chiesa: enigmatico in ciò è l’episodio di Paolo…).

E’ infine singolare come il primo annuncio della resurrezione venga dato, nel nostro testo, a delle donne: abbiamo già sottolineato in altre riflessioni come in generale non vi fosse grande considerazione per la realtà e la situazione delle donne nel mondo antico (ma forse anche del nostro “mondo moderno”, in svariate parti del globo). Dio sceglie di annunciare questo grande evento che costituisce il cuore delle fede di ogni cristiano anzitutto a delle donne: è una scelta di campo, di Dio che si mette dalla parte degli ultimi, delle ultime, e che fa per prime a loro il dono straordinario di questa rivelazione.

 

 

p. Diego Cappellazzo

 

 
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