16. Il tributo a Cesare: fede e
politica (Mc 12,13-17)
Dal vangelo secondo Marco.
Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per
coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: "Maestro,
sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in
faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare
il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?". Ma egli, conoscendo la loro
ipocrisia, disse: "Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo
veda". Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: "Di chi è questa
immagine e l'iscrizione?". Gli risposero: "Di Cesare". Gesù
disse loro: "Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di
Dio". E rimasero ammirati di lui (12,13-17).
Nella serie di
controversie e delle polemiche fra Gesù e i suoi avversari, la domanda sulla
liceità del tributo a Cesare è una trappola che viene tesa da farisei ed
erodiani per trovare capi d’accusa contro Gesù. La sfera politica e quella
religiosa erano talmente legate che la risposta avrebbe avuto anche un
significato religioso: il Mesia avrebbe potuto accettare l’autorità
dell’impero? Se poi avesse sposato il nazionalismo popolare, affermando che non
era lecito pagare il tributo, ci avrebbero pensato i soldati romani a eliminare
il sobillatore.
Da buon rabbi,
Gesù coinvolge i suoi interlocutori nella risposta, evita il trabocchetto e
indica i principi di riferimento: “rendete
a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (Mc 12,17). E’ Dio
l’unico Signore che viene prima di tutto; l’uomo deve avere libertà di
coscienza di fronte all’autorità politica e anche sentirsi impegnato a
costruire una convivenza nella giustizia e nella pace. Se la fede fa scoprire
il primato di Dio, la politica deve essere vissuta come strumento di
solidarietà e servizio per il bene comune.
1. Educare alla legalità e alla socialità
La commissione
ecclesiale “Giustizia e pace” della
Conferenza episcopale italiana in due note pastorali (1991 e 1995: EE
5/519-583. 2682-2762) propone principi e indicazioni per educare alla legalità
e alla socialità.
La società,
per la natura degli uomini che la compongono, non è un semplice aggregato di
individui, ma costituisce una comunità che mira a promuovere il pieno sviluppo
di ogni singola persona nella costruzione del bene comune. Perché vi siano
libertà, giustizia e pace fra gli uomini è necessario il rispetto della legalità che trova la sua motivazione radicale
nella moralità e nell’etica come dimensioni fondamentali e irrinunciabili della
persona. Senza riferimento all’etica, l’attività sociale e la stessa legalità
possono essere soggette alla “legge del più forte”: ideologia, potere
economico, sistemi politici disumani, invadenza dei mezzi di comunicazione.
Oggi si è
affievolita quella mobilitazione delle coscienze che, insieme a un’efficace
azione istituzionale, può frenare e ridurre il fenomeno criminoso. Non vi è
solo paura, ma spesso anche omertà;
non si dà solo disimpegno, ma anche collusione; non sempre si subisce una concussione,
ma spesso si trova comoda la corruzione per ottenere ciò che altrimenti non si
potrebbe avere. Non sempre si è vittima del sopruso del potente o del gruppo
criminale, ma spesso si cerca più il favore che il rispetto della legge e della
propria dignità. Tutto questo è causa e conseguenza di un generalizzato senso
di impotenza, di rassegnazione, quasi di acquiescenza, capace di inquinare e
dissolvere una convivenza pacifica.
Da qui la
necessità di inserire esigenze etiche nella vita sociale ed economica, per una
legalità e una giustizia capaci di far fiorire la città dell’uomo con l’impegno
e la partecipazione di tutti. Se l’educazione alla legalità è un presupposto
per una convivenza basata sulla giustizia e sulla pace, l’educazione alla
socialità mobilita le coscienze a promuovere atteggiamenti di responsabilità e
comportamenti di solidarietà.
La caduta del
senso della legalità ha prodotto un inquinamento esteso e profondo che investe
non soltanto la devianza penale, ma la stessa cultura delle regole di una
convivenza ordinata. La caduta del senso
della socialità ha prodotto tendenze egoistiche, gonfiando il catalogo dei
diritti e delle pretese dei singoli, esaltando l’individualismo e lasciando in
ombra il dovere, le relazioni e le responsabilità. La crisi di partecipazione è
sfociata in un atteggiamento di abdicazione rispetto al pieno esercizio dei
diritti e dei doveri di cittadinanza. E’ necessario mettere in stretta
relazione solidarietà e responsabilità:
la solidarietà deve essere ricevuta e, al tempo stesso, offerta dai cittadini.
E’ proprio questo elemento di reciprocità a differenziare la vera solidarietà
dall’assistenzialismo. Occorre educare alla legalità per stimolare alla
socialità e alla partecipazione.
2. Il bene comune e la politica
Attraversata
dalla crisi delle ideologie, condizionata e modellata dall’invadenza dei mezzi
di comunicazione, travolta dai grandi processi economici, la politica ha perso
la centralità nella vita sociale. Con difficoltà vengono ritrovati i criteri e
i valori di base della convivenza civile, smarriti nelle nebbie del relativismo
etico o infranti sugli scogli dell’irrazionalismo e del fondamentalismo. La
politica rischia così di diventare il campo di battaglia per il potere: aumenta
la crisi dei partiti, mentre diminuisce il loro rapporto con la base; si
allarga la disaffezione verso lo Stato e cala la partecipazione dei cittadini
che cercano altre forme di aggregazione immediatamente gratificanti, anche se a
volte meno preoccupate del bene comune.
“La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in
quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e
garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri
governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno” (CA
46: EV 13/220).
C’è democrazia
quando è possibile formare ai veri valori e quando ci sono strutture di
partecipazione e di corresponsabilità. Una democrazia senza valori può
trasformarsi facilmente in totalitarismo.
Il bene comune è “l’insieme di quelle
condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri
di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente” (GS 26:
EV 1/1399). Esso “non è la semplice somma degli interessi particolari, ma
implica la loro valutazione e composizione fatta in base a un’equilibrata
gerarchia di valori e, in ultima analisi, a un esatta comprensione della
dignità e dei diritti della persona” (CA 47: EV 13/226). Se poi si considera
che l’interdipendenza fra le persone e i popoli è sempre più ampia, il bene
comune diventa universale, dato che riguarda i diritti e i doveri di tutto il
genere umano.
La politica
trova il suo criterio etico fondamentale nel raggiungimento del bene comune di
tutti gli uomini e di tutto l’uomo, visto in tutte le sue dimensioni. Una
politica che si pone al servizio della persona e della società deve promuovere
e difendere la giustizia, virtù alla quale tutti devono essere educati.
“Nell’esercizio del potere politico è
fondamentale lo spirito di servizio che, solo unitamente alla necessaria
competenza ed efficienza, può rendere “trasparente” o “pulita” l’attività degli
uomini politici… I fedeli laici impegnati nella politica devono certamente
rispettare l’autonomia rettamente intesa delle realtà terrene…e devono testimoniare
quei valori umani ed evangelici… come la libertà e la giustizia, la
solidarietà, la dedizione fedele e disinteressata al bene di tutti, lo stile
semplice di vita, l’amore preferenziale per i poveri e gli ultimi” (ChL 42: EV
11/1789-1790).
Occorre stimolare
l’impegno di tutti e assumersi la propria parte per la costruzione della vita
sociale della città nella convinzione che “la politica è una maniera esigente
–ma non è la sola – di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri” (OA
46): EV 4/772). La carità deve farsi politica. Alle comunità cristiane spetta
“analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce
delle parole immutabili del vangelo, attingere principi di riflessione, criteri
di giudizio e direttive di azione nell’insegnamento sociale della Chiesa” (OA
4: EV 4/717).
La comunità
cristiana ha dunque il compito dell’annuncio, ma deve essere anche ambito di
confronto per aiutare un sapiente discernimento anche in presenza di scelte
diverse. Il rischio di spaccature e di scomuniche reciproche deve essere
evitato a partire dalla convinzione che è molto più profondo e importante a
partire dalla convinzione che è molto più profondo e importante ciò che unisce
i cristiani di ciò che li può dividere.
3. Lo Stato e la sussidiarietà
Il primo e più
importante compito dello Stato è quello di promuovere e difendere il bene
comune, e tutte le iniziative che esso prende ai vari livelli d’intervento, nei
confronti di ogni settore della società, devono essere finalizzate al bene di
tutti. Tuttavia “la socialità dell’uomo non si esaurisce nello Stato, ma si
realizza in diversi gruppi intermedi, cominciando dalla famiglia fino ai gruppi
economici, sociali, politici e culturali” (CA: EV 13/110).
L’intervento
dello Stato deve sempre avvenire nel rispetto del principio della sussidiarietà: “una società di ordine
superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine
inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in
caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre
componenti sociali, in vista del bene comune” (CA 48: EV 13/231). Viene, così,
riconosciuta la funzione autonoma dei corpi intermedi.
Lo Stato non
deve sostituirsi, ma porsi a servizio della persona, della famiglia, delle
aggregazioni intermedie. E’ suo compito aiutare il volontariato, le aree
depresse, i settori in difficoltà, le realtà educative e assistenziali private.
Al tempo stesso il cittadino non deve attendersi ciò che è in grado di svolgere
in proprio.
Compito dello
Stato è anche quello di garantire la libertà a tutti e a ciascuno, sempre in
relazione al bene comune, in ogni settore della vita pubblica e privata, in
campo economico, politico, sociale e religioso. L’insegnamento della Chiesa ha
sempre posto la libertà in rapporto alla verità:
“L’obbedienza alla verità su Dio e
sull’uomo è la condizione pria della libertà, consentendogli di ordinare i
propri bisogni, i propri desideri e le modalità del loro soddisfacimento
secondo una giusta gerarchia, di modo che il possesso delle cose sia per lui un
mezzo di crescita” (CA 41: EV 13/208).
Un ostacolo a
questa crescita può essere causato dalle mode e dai movimenti di opinione
indotti dai mezzi di comunicazione di massa. Non è libero quell’uomo che si
preoccupa solo dell’avere e del godimento e non è capace di dominare gli istinti
e le passioni. L’uomo si realizza pienamente mediante il libero dono di sé;
alienazione è rifiutare di trascendere se stesso e di mettersi a servizio degli
altri. E’ alienata quella società che rende difficile questa realizzazione.
Sussidiarietà, solidarietà e bene comune:
tre principi autonomi, ma complementari e indispensabili per la costruzione di
una società ben ordinata e rispettosa della persona.
Per la preghiera
personale.
Ingiustizia,
violenza, guerra, oppressione, fame: tutto sembra essere lecito per chi non
pone Dio a fondamento della propria condotta morale. In una società così anche
le “speranze del misero” potrebbero essere confuse se il Signore non continuasse
a essere il suo rifugio, e il suo impegno non trovasse speranza nella certezza
che il Signore è vicino a chi lo cerca e sta in mezzo al suo popolo.
Salmo 13: senza Dio una città ingiusta e corrotta.
Lo
stolto pensa: "Non c'è Dio".
Sono corrotti, fanno cose abominevoli:
nessuno più agisce bene.
Il Signore dal cielo si china sugli uomini
per vedere se esista un saggio:
se c'è uno che cerchi Dio.
Tutti hanno traviato, sono tutti corrotti;
più nessuno fa il bene, neppure uno.
Non comprendono nulla tutti i malvagi,
che divorano il mio popolo come il pane?
Non invocano Dio: tremeranno di spavento,
perché Dio è con la stirpe del giusto.
Volete confondere le speranze del misero,
ma il Signore è il suo rifugio.
Venga da Sion la salvezza d'Israele!
Quando il Signore ricondurrà il suo popolo,
esulterà Giacobbe e gioirà Israele.
Per la vita
“Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio
ciò che è di Dio” (Mc 12,17). E’ Dio l’unico Signore che viene prima di
tutto; l’uomo deve avere libertà di coscienza di fronte all’autorità politica e
anche sentirsi impegnato a costruire una convivenza nella giustizia e nella
pace. Se la fede fa scoprire il primato
di Dio, la politica deve essere vissuta come strumento di solidarietà e
servizio per il bene comune.
·Riscontro nella
mia fede questa dimensione sociale, politica, comunitaria della mia fede?
·So leggere la
realtà sociale che mi circonda e discernere il bene dal male? Mantengo una
speranza gioiosa e impegnata o mi lascio andare alla sfiducia rassegnata e al
qualunquismo generalizzato?