7. La guarigione del paralitico: fede e amore (Mc 2,1-12)
Dal vangelo di Marco:
Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati".
Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: "Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?". Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: "Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua". Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!".
Gesùera già stato a Cafarnao il sabato precedente. Nella descrizione di una giornata intera passata dal Maestro nel villaggio sul lago (Mc 1,21-36), emergono alcuni aspetti che devono caratterizzare anche la vita del discepolo: il confronto con la Parola, cosa che Gesù fa di sabato nella sinagoga; la fraternità vissuta a tavola nella casa di Pietro, grazie alla disponibilità al servizio della suocera guarita; l’amore concreto verso i bisognosi espresso con la guarigione di molti malati e indemoniati; la preghiera personale fatta in un luogo deserto, al mattino presto. Dopo alcuni giorni, passati nei villaggi della Galilea, Gesù fa ritorno a Cafarnao.
1. Parola: “Egli annunziava la Parola”
La folla che fa resa per ascoltare Gesù manifesta l’esigenza profonda dell’uomo di incontrarsi con Dio; nell’intimo di ogni persona c’è il desiderio di ascoltare la parola di un Maestro che conosce bene il cuore dell’uomo e sa come guidarlo verso la felicità. Anche se, a volte, questa aspirazione viene affogata da mille altre parole e da falsi tentativi di appagamento, si trova il senso della propria esistenza solo quando si fa emergere questo desiderio e si cerca di trovarvi risposta.
L’annuncio della Parola, che dà speranza e genera gioia, è il compito che Gesù affida alla Chiesa e ad ogni cristiano: è un messaggio che deve superare tutti gli ostacoli per arrivare al cuore di ogni uomo, è un annuncio di salvezza che deve arrivare in maniera comprensibile a tutti, abbattendo barriere culturali e steccati sociali. Siccome, gli impedimenti possono essere insuperabili per le proprie forze, c’è bisogno di qualcuno che accompagni verso Gesù: amici, genitori, animatori, catechisti, persone che hanno già sperimentato l’importanza dell’incontro salvifico con Gesù e possono guidare fino a lui, perché l’ascolto della Parola sia un incontro capace di interpellare, orientare e trasformare la propria vita.
“Chi ha incontrato veramente Cristo non può tenerselo per se, deve annunciarlo, con un nuovo slancio apostolico. Ciò tuttavia avverrà nel rispetto dovuto al cammino sempre diversificato di ciascuna persona e nell’attenzione per le diverse culture in cui il messaggio cristiano deve essere calato, così che gli specifici valori di ogni popolo non siano rinnegati, ma purificati e portati alla loro pienezza” (NMI 40).
2. Solidarietà: “Un paralitico portato da quattro persone”.
Il paralitico viene guarito da Gesù, ma ciò è stato possibile perché quattro amici si sono impegnati e hanno faticato per lui portandolo sulla barella: per raggiungere traguardi importanti ci vuole sempre qualcuno alle stanghe! Questa iniziativa di grande solidarietà dei quattro è sostenuta e alimentata dalla fede in Gesù e dall’amore verso l’amico paralitico. In loro c’era la convinzione che solo il rabbì di Nazaret avrebbe potuto guarire l’amico malato. Forse non tutti avevano raggiunto la stessa profondità di fede, ma l’amore per l’amico e il desiderio di vederlo guarito fanno mettere in secondo piano anche queste diversità religiose: la solidarietà aiuta a superare le divisioni e a camminare insieme. Lo sperimentano tutte quelle famiglie che si aprono per accogliere bambini in affidamento e persone bisognose: le tensioni di coppia si attutiscono e i problemi di rapporto fra genitori e figli vengono superati, perché la solidarietà verso il nuovo arrivato purifica il cuore da inquinamenti egoistici e lo incammina sui sentieri dell’amore che rigenera la vita.
I quattro amici, dopo la fatica del viaggio alle stanghe della barella con sopra il paralitico, si vedono sbarrare la strada verso il traguardo ormai raggiunto, dalla folla che non lascia passare: avrebbero buoni motivi per tornare indietro e provare un’altra volta, perché a nessuno può essere chiesto l’impossibile.
Ma il forte amore verso l’amico li spinge a cercare una soluzione: visto che non possono passare dalla porta tentano di arrivare fino a Gesù passando dal tetto. Di fronte alle difficoltà non bisogna arrendersi: l’amore è creativo, spinge a cercare strade nuove, a sperimentare metodi diversi, stimola audacia, fa crescere il coraggio. “L’amore è inventivo all’infinito”, affermava san Vincenzo de Paoli, un santo della carità.
Ha scritto Giovanni Paolo II:
“E` l’ora di una nuova fantasia della carità, che si dispieghi non tanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione. Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come a casa loro” (NMI 50)
3. Peccato: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”.
Dopo tanta fatica le quattro persone, calato dal tetto il lettuccio su cui giaceva il paralitico, devono esserci rimaste male alle parole di Gesù: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mc 2,5). La stessa delusione che deve aver provato lo storpio che sedeva alla porta “Bella” del tempio, quando, anziché ricevere una generosa offerta, da Pietro si sente dire: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” (At 3,6).
La salvezza viene da Gesù che va alle radici del male: il peccato fa ammalare tutta la persona. Peccare, nel suo significato etimologico, significa mettere il piede in fallo, sbagliare passo, prendere un sentiero che allontano dal traguardo. Il peccato, che è una falsità per l’uomo, può essere vinto solo da colui che dice: “io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6).
Solo Gesù, perché Figlio di Dio può perdonare il peccato. Il potere di cancellare il peccato, il Risorto lo ha affidato alla Chiesa, attraverso il sacramento della riconciliazione: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,23). E’ un dono, insieme a quello di guarire, che suscita timore nella folla e la spinge a rendere “gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini” (Mt 9,8).
Il peccato personale, che incide sempre negativamente sul cammino di tutti verso il bene, può diventare peccato sociale e consolidarsi in strutture che tendono a ostacolare la realizzazione del piano divino di unità fra tutti gli uomini e a impedire la crescita dei germi del regno di Dio sulla terra. I meccanismi perversi e le strutture di peccato, che frenano il pieno sviluppo di ogni uomo e di tutta la comunità umana, sono generati da quella brama di profitto e sete di potere ce diventano spesso causa di violenze e di guerre: “Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite a ottenere, combattete fate guerra!” (Gc 4,2).
Il peccato sociale e le strutture di peccato
“si vincono solo, presupposto l’aiuto della grazia divina, con un atteggiamento diametralmente opposto: l’impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a “perdersi” a favore dell’altro invece di “sfruttarlo” e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto” (SRS 38: EV 10/2651).
I meccanismi economici perversi potranno essere disattivati e le strutture di peccato saranno demolite solo da una cultura e da una prassi di solidarietà.
4. Peccato e solidarietà nella dottrina sociale della Chiesa
Il mistero del peccato si compone di una doppia ferita, che il peccatore apre nel proprio fianco e nel rapporto col prossimo. Perciò, si può parlare di peccato personale e sociale: ogni peccato è personale sotto un aspetto; sotto un altro aspetto, ogni peccato è sociale, in quanto e perché ha anche conseguenze sociali. Il peccato, in senso vero e proprio, è sempre un atto della persona, perché è un atto di libertà di un singolo uomo, e non propriamente di un gruppo o di una comunità, ma a ciascun peccato si può attribuire indiscutibilmente il carattere di peccato sociale, tenendo conto del fatto che “in virtù di una solidarietà umana tanto misteriosa e impercettibile quanto reale e concreta, il peccato di ciascuno si ripercuote in qualche modo sugli altri” (ReP 16: AAS 77 (1985) 214). Non è tuttavia legittima e accettabile un’accettazione del peccato sociale che, più o meno consapevolmente, conduca a diluirne e quasi a cancellarne la componente personale, per ammettere solo colpe e responsabilità sociali. Al fondo di ogni situazione di peccato si trova sempre la persona che pecca.
Alcuni peccati, inoltre, costituiscono, per il loro oggetto stesso, un’aggressione diretta al prossimo. Tali peccati, in particolare, si qualificano come peccati sociali. E’ sociale un peccato commesso contro la giustizia nei rapporti tra persona e personal, tra la persona e la comunità, ancora tra la comunità e la persona. E’ sociale ogni peccato contro i diritti della persona umana, a cominciare dal diritto alla vita, incluso quello del nascituro, o contro l’integrità fisica di qualcuno; ogni peccato contro la libertà altrui, specialmente contro la libertà di credere in Dio e di adorarlo; ogni peccato contro la dignità e l’onore del prossimo. Sociale è ogni peccato contro il bene comune e contro le sue esigenze, in tutta l’ampia sfera dei diritti e dei doveri dei cittadini. Infine, è sociale quel peccato che “riguarda i rapporti tra le varie comunità umane. Questi rapporti non sempre sono in sintonia col disegno di Dio, che vuole nel mondo giustizia, libertà e pace tra gli uomini, i gruppi, i popoli” (ReP 16: AAS 77(1985)216).
Le conseguenze del peccato alimentano le strutture di peccato. Esse si radicano nel peccato personale e, quindi, sono sempre collegate ad atti concreti delle persone, che le originano, le consolidano e le rendono difficili da rimuovere. E così si rafforzano, si diffondono, diventano sorgente di altri peccati e condizionano la condotta degli uomini (CCC 1869). Si tratta di condizionamenti e ostacoli, che durano molto di più delle azioni compiute nel breve arco della vita di un individuo e che interferiscono anche nel processo dello sviluppo dei popoli, il cui ritardo o la cui lentezza vanno giudicati anche sotto questo aspetto (SRS 36: AAS 80(1988) 561-563). Le azioni e gli atteggiamenti opposti alla volontà di Dio e al bene del prossimo e le strutture che essi inducono sembrano oggi soprattutto due: “da una parte, la brama esclusiva del profitto e, dall’altra, la sete del potere col proposito di imporre agli altri la propria volontà. A ciascuno di questi atteggiamenti si può aggiungere, per caratterizzarli meglio, l’espressione. “a qualsiasi prezzo” (SRS 37: AAS 80(1988) 563).
5. Liberazione: “prende il tuo lettuccio e va a casa tua”.
Quella di Gesù è una liberazione integrale, dal peccato e dall’infermità. Proprio perché la radice del male è il peccato, la guarigione non basta, ci vuole la salvezza; non è solo il corpo che va sanato, ma l’intimo della persona. L’impegno per questa liberazione fisica e spirituale Gesù lo affida a ogni cristiano e a tutta la comunità ecclesiale: essi devono portare la Parola che salva e porre segni concreti di liberazione.
Ma non è sufficiente l’ascolto della Parola. Infatti, mentre il paralitico si alza salvato, i farisei rimangono seduti e non guariscono perché tengono Gesù a distanza con la corazzo della loro ideologia, non si lasciano toccare da lui, la Parola non viene accolta e non entra in loro.
Il lettuccio rappresenta tutto ciò che tiene paralizzato l’uomo. Il gesto simbolico della liberazione avvenuta è quello del paralitico che prende la barella e la porta a casa camminando con le sue gambe: orami il lettuccio non serve più, come le bende rimangono in un angolo del sepolcro quando il corpo di Gesù viene investito dalla pienezza della vita del Risorto glorioso. La risurrezione che libera dal potere della morte e del peccato è il fondamento di ogni liberazione umana, vissuta come passaggio dal male al bene, da segni di morte a manifestazioni di vita. La partecipazione alla liberazione da ogni forma di schiavitù, relativa all’uomo e alla società e la lotta per la giustizia e la pace testimoniano la fede nella risurrezione, come possibilità di vincere le tenebre della morte.
La liberazione che riguarda l’uomo deve lasciarsi guidare dalla verità sull’uomo e su Dio, perché solo così possono essere ordinati “i propri bisogni, i propri desideri e le modalità del loro soddisfacimento secondo una giusta gerarchia, di modo che il possesso delle cose sia per l’uomo un mezzo di crescita” (CA 41: EV 13/208).
Uno sviluppo che riguardasse solamente la dimensione economica della vita umana potrebbe rendere l’uomo ancora più schiavo e non essere, quindi, un processo di vera liberazione, che deve invece comprendere anche le dimensioni culturali, trascendenti e religiose dell’uomo e della società.
L’uomo si realizza pienamente nel libero dono di sé, la liberazione è piena e lo sviluppo è vero se percorrono la strada della solidarietà.
Quando un uomo viene aiutato ad alzarsi, quando si costruiscono progetti di giustizia e di pace e si realizzano processi di liberazione dal male e del peccato, allora c’è motivo per la meraviglia e la lode a Dio (Mc 2,12).
Per la preghiera personale
Salmo 145: Non confidate nei potenti: è il Signore che libera
E’ inutile che l’uomo si appoggi e ponga la sua fiducia in chi è potente. Il salmo dice che è un errore perché anche lui è un uomo mortale. Solo la speranza posta nel Signore non viene delusa perché è lui il creatore, è fedele per sempre, è capace di rendere giustizia, è premurosamente vicino a chi ha bisogno ed è disponibile a venire in aiuto: “il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion per ogni generazione”.
Loda il Signore, anima mia: loderò il Signore per tutta la mia vita, finché vivo canterò inni al mio Dio. Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare. Esala lo spirito e ritorna alla terra; in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni. Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio, creatore del cielo e della terra, del mare e di quanto contiene. Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie degli empi. Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.
Per la vita:
L’uomo si realizza pienamente nel libero dono di sé, la liberazione è piena e lo sviluppo è vero se percorrono la strada della solidarietà: riscontro nella mia vita questo stile di vita altruista e solidario?