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8. Il rinnovamento conciliare

Il Concilio Vaticano II (1962-65) ha portato un grande rinnovamento nella Chiesa e nella vita delle congregazioni religiose. Come le altre, anche la famiglia giuseppina è stata invitata a riformulare i principi su cui si impostava la sua spiritualità e la sua azione pastorale. Questo avvenne con un Capitolo Generale speciale (il XIV dagli inizi della congregazione), celebrato a Roma dal 30 marzo all’8 agosto 1969. Ne scaturirono i Decreti capitolari che sostituirono, ad experimentum, tutta la legislazione precedente (Costituzioni, Direttorio, Ordinamento generale degli studi).

Fu un «salto di qualità nei confronti delle precedenti Costituzioni, in particolare dal punto di vista dottrinale e carismatico. Soprattutto la ricchezza della tradizione ha ritrovato nei Decreti capitolari un posto d’onore e il codice fondamentale di vita della congregazione ha riacquistato il sapore e il genuino spirito delle origini. Veramente si ha un testo “giuseppino” che presenta la fisionomia propria della congregazione» (Giuseppe Fossati, Una storia per la vita..., I, p. 86). Questo testo, con le modifiche apportate dal Capitolo Generale XV del 1970, è stato pubblicato nel 1971 con il titolo Documenti capitolari. Il capitolo sull’«apostolato giuseppino nelle sue diverse forme e ambienti» coniuga assai bene ricchezza carismatica e aggiornamento pastorale ed educativo.

 

8.1  Giovani poveri, adulti della classe operaia, parrocchie (approfondimento)

I Documenti capitolari del 1969 si rifacevano all’appello che il concilio aveva rivolto ai religiosi, invitandoli a tornare alle fonti, cioè al loro spirito primitivo, e nello stesso tempo a ricercare le modalità di un efficace adattamento alle mutate condizioni dei tempi (n. 784).

Essi affermavano: «la nostra congregazione volle qualificarsi, fin dai suoi inizi, per una particolare sensibilità alle esigenze morali e sociali della gioventù povera e bisognosa. L’apostolato educativo a favore di questa gioventù, nostro fine specifico, deve perciò ancor oggi considerarsi, di diritto e di fatto, come prioritario» (n. 785).

I Documenti ricordavano poi l’apertura di opere rivolte ai giovani della classe benestante, alle quali si era sempre desiderato «che vi fossero unite, possibilmente, attività a favore dei poveri» (n. 786).

Si ribadiva inoltre un concetto già presente nel Regolamento del 1873: anche se la gioventù era lo scopo primario delle opere giuseppine, non era «alieno dallo spirito della congregazione il venire in aiuto degli adulti appartenenti alla classe operaia, coll’istruzione e la predicazione» (n. 787). Le parrocchie poi dovevano «avere un’impostazione pastorale peculiarmente giuseppina a favore della gioventù e delle classi più disagiate» (n. 788).

«Il fine e l’impegno apostolico, che caratterizzarono essenzialmente la congregazione, acquistano oggi una validità ancor più grande, poiché tanto il problema della gioventù, soprattutto di quella meno aiutata socialmente e moralmente, quanto il problema della promozione della classe lavoratrice, entrano tra i segni più significativi del nostro tempo e sono oggetto di cura particolare da parte della Chiesa» (n. 790).

Delineando infine la figura del giuseppino educatore, i Documenti capitolari affermano che egli «si dedica con predilezione a quelli che mancano di beni e di affetto [e] a quelli che sono meno ricchi di doti naturali» (n. 858). Molti numeri sono poi consacrati alla presenza pastorale nel mondo del lavoro (nn. 953-966) e al tentativo di  intravedere nuove prospettive di impegno apostolico: la sensibilizzazione dei ceti elevati verso quelli meno favoriti dalla sorte, la formazione cristiana della gioventù operaia e rurale, il contatto con i «lontani», la collaborazione con i laici... (nn. 1025-1035).



P. Giovenale Dotta




 
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