Comprende le Costituzioni e il Direttorio
ed è il punto di arrivo del lungo cammino postconciliare, iniziato, per i
giuseppini, con il Capitolo speciale del 1969. A ragione il
superiore generale p. Paolo Mietto nella lettera di promulgazione scriveva che
si trattava di un «ritorno alle fonti», cioè al vangelo e al carisma del
fondatore, come pure di un «adattamento alle mutate condizioni dei tempi» (La
Regola.
Costituzioni-Direttorio, Roma 1984, p. VIII). Tale Regola ha un valore tutto particolare in
quanto presenta lo specifico progetto di vita del giuseppino arricchito della
nuova linfa carismatica che ora saliva più copiosa dalle radici del vecchio
albero. E’ dunque di notevole interesse rileggere i passi che trattano
dell’apostolato in favore dei giovani poveri.
11. 1 «Fin dalle origini...» (approfondimento)
La Regola del 1984 contiene un testo
che fa come da premessa: si intitola Origine
e carisma della congregazione. Non fa parte delle Costituzioni, ma
racchiude una bella «sintesi storico-carismatica della tradizione giuseppina» e
costituisce dunque un «punto di riferimento per tutta la legislazione della
congregazione» (Giuseppe Fossati, Una storia per la vita..., I, p. 98).
Nella Regola
poi, il capitolo dedicato alla vita apostolica iniziava affermando che «fin
dalle origini, la
Congregazione di San Giuseppe ebbe nella Chiesa la missione
specifica di dedicarsi ai giovani poveri, abbandonati e maggiormente bisognosi
di aiuto e di cristiana educazione» (art. 45).
Definiti i destinatari, si precisavano gli
ambiti: «Mantenendo sempre la priorità di impegno per i giovani, scopo
specifico della congregazione, essa può svolgere il suo apostolato anche tra
gli operai, gli adulti del ceto popolare e i popoli non ancora evangelizzati, assecondando
le indicazioni della Provvidenza. La congregazione promuove l’elevazione del
ceto operaio soprattutto formando i giovani che si inseriscono nel mondo del
lavoro» (art. 46).
«Attenta ai segni dei tempi e adeguandosi
alle mutevoli esigenze delle persone e dei luoghi, la congregazione offre nelle
sue istituzioni e con le sue attività una casa e una famiglia ai giovani che ne
sono privi, una possibilità di studio e di formazione al lavoro, un ambiente
educativo, un centro di evangelizzazione e di vita cristiana» (art. 47).
Il testo proseguiva toccando i temi della
formazione integrale, umana e cristiana, dello stile comunitario
nell’apostolato, del contatto diretto con i giovani, tra i quali il giuseppino
sta come «amico, fratello e padre», della catechesi, della collaborazione con i
laici.
Poco tempo dopo, proprio i laici, per fare un solo
esempio, erano chiamati a condividere il carisma apostolico a servizio dei
ragazzi poveri e soli da don Paolo Mietto, superiore generale, nella sua
lettera circolare dall’impegnativo titolo Nella
parrocchia giuseppina nessun ragazzo senza famiglia. Padre Mietto auspicava
che sorgesse nelle parrocchie giuseppine «un piccolo gruppo di laici, meglio se
di famiglie, con lo scopo di rappresentare un punto di riferimento sia per le
famiglie in difficoltà circa i figli, sia per le famiglie disponibili ad
aiutare bambini e ragazzi in difficoltà.
[...] La comunità parrocchiale [...] può e deve farsi
carico della situazione di emarginazione dei ragazzi e dei giovani del
territorio, sviluppando una mentalità di condivisione per vivere in una sintesi
vitale l’ascolto della Parola, la celebrazione dell’Eucaristia e la
testimonianza della carità.
[...] E’ forse un sogno troppo bello pensare alla
parrocchia giuseppina come ad un territorio privilegiato dove le famiglie si
vengono reciprocamente incontro per aiutare i ragazzi in difficoltà?» (Paolo Mietto, Nella parrocchia giuseppina nessun ragazzo senza famiglia, in
«Lettere Giuseppine» [1984], n. 5, pp. 136-137).
La lettera nasceva nel contesto di un cammino già
intrapreso da tempo (quello dell’assistenza ai ragazzi in difficoltà
all’interno di strutture familiari) e contribuì essa stessa ad un significativo
sviluppo dell’accoglienza attraverso le case famiglia.